Monotonia, esistenza, negazione. Nel fluire del tempo, in un’inesorabile scandire di stagioni e nuvole spazzate via dal vento. Camminavo con uno strascico di rovi e brandelli di carne. Ferite pulsanti e vene prosciugate. Una luce, miraggio di pace, contornata da nubi scarlatte. Lacrime di sangue. Gocce di pioggia. Acido e rugiada, una miscela micidiale.
Mi ci avvicinai, attratto da quel calore effimero.
Ago e filo. Carne che veniva cucita, labbra serrate in urla agonizzanti.
Solo.
Immerso nel fango. Scheletri e sogni annegati.
Ma quella luce, mi sussurrava. Luccichio di avorio. Ossa di carbone tirate a lucido. Mi ci avvinghiai, una salvezza. Una gabbia armonica. Un nuovo feto che si formava. Una forma nuova.
Vita. Emozioni. Rinascita.
Abbraccio la luce e caccio via con le ultime forze le nubi.
Dilaniato.
Energia.
Speranza.
Vedo un futuro, una nuova alba, un sole non più malato. Quella scintilla di pace che sembrava tardare.
Disteso su un tappeto logoro che assume nuove fattezze.
Non abbandono quella luce, ma continuerò ad accrescerla.
Sfamando quel desiderio di esistenza.
Una nuova strada, un sentiero non più di dolore.
….
Un cielo di nuovo azzurro.
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